(Adnkronos) – Li hanno chiamati cittadini-scienziati, cacciatori di varianti Covid. Sono figure cresciute all’ombra della pandemia, outsider della ricerca. Per settimane, che sono diventate anni, hanno passato ore su ore a setacciare sequenze virali, a dare un senso a infiniti codici alfanumerici. Una cascata apparentemente caotica dentro la quale il loro sguardo allenato, con l’aiuto di alcuni strumenti, sa cogliere il film dell’evoluzione del virus. Per alcuni, come Federico Gueli, 47 anni, milanese di base a Como, alla fine “è diventato un lavoro vero e proprio”. Fra le sue intuizioni, aver “trovato quando era ancora a 6 sequenze la famosa variante battezzata Cerberus (BQ.1), che l’anno scorso si è diffusa alimentando l’ondata invernale”. 

Educatore cinofilo nella vita prima del Covid, setacciatore di sequenze per curiosità in fase di lockdown, Gueli ha acquisito una grande familiarità con il coronavirus Sars-CoV-2 e a settembre 2021 in risposta alla ‘chiamata’ di uno scienziato, “il bioinformatico Cornelius Roemer”, con un gruppo originario di una decina di persone sparse in diversi Paesi e unite dai social, ha finito per dedicare energia e tempo al tracciamento di varianti con l’idea di “dare un contributo alla ricerca e alla protezione della salute pubblica”, spiega all’Adnkronos Salute. Fino a quando, a giugno, è stato arruolato da un’azienda americana che produce anticorpi monoclonali. E ora dall’esperienza accumulata, “unica nel suo genere”, trae pure uno stipendio. Una fonte di reddito con cui contribuisce al bilancio della sua famiglia, composta da moglie e due bambine. E 2 cani ovviamente (“due greyhound”).  

“Quando nel 2020 è scoppiata la pandemia – racconta Gueli – mi sono subito interessato alla genomica, all’aspetto dell’evoluzione del virus. Avevamo tutti tanto tempo. Ho iniziato a leggere, poi a seguire la cosa con un gruppo di persone. All’inizio i lignaggi di Sars-CoV-2 erano pochi e con poche differenze. Ma già il virus che ha fatto il disastro a Bergamo non era uguale a quello di Wuhan. E’ stata fra le prime differenziazioni significative”. Dopo questo, “i primi lignaggi venivano assegnati manualmente da un gruppo di ricercatori britannici che hanno sviluppato un sistema di nomenclatura” chiamato ‘Pango’ (nel comitato figurano Andrew Rambaut, Aine O Toole, Oliver Pybus), grazie al quale “è stato possibile tracciare i lignaggi”.  

Inizialmente, continua Gueli, “lo facevano loro manualmente, ma a mano a mano che il virus si evolveva hanno capito che da soli era un’operazione titanica e hanno avuto un’idea geniale e innovativa: creare una pagina aperta di Pango su GitHub, in cui chiunque avrebbe potuto proporre lignaggi. Probabilmente era stata pensata per scienziati e laboratori. Ma è stato così che anche noi abbiamo cominciato a tracciare. La prima identificazione della variante Delta – ripercorre – è stata fatta tramite quella pagina, da una ricercatrice in India che ha notato delle sequenze e le ha proposte. Poi si è capito che si trattava di una variante dalla gravità significativa”, catalogata dall’Oms come variante di preoccupazione. Le qualità per diventare un bravo cacciatore di varianti? “Ottima memoria e passione”, elenca Gueli. E padroneggiare gli strumenti messi a punto dagli esperti per questa missione. 

“Il principale è Covspectrum, creato dall’Eth Zurigo a Basilea (Tanya Stadler e Chaoran Chen), un sito che rende leggibili e consultabili i genomi caricati nella banca dati Gisaid – che invece è uno spazio chiuso – con delle ‘query’ (richieste). Con questo e altri strumenti abbiamo cominciato a contare le sequenze, a consultarle, a monitorare le mutazioni, dove emergevano, in che percentuale rispetto ai periodi precedenti”. Alla fine Gueli ha avuto accesso anche a Gisaid. E ha trovato Cerberus “grazie a un campione proveniente dall’Africa sequenziato in un aeroporto giapponese – ricorda – Mi ha acceso una lampadina. Siamo andati a verificare e abbiamo trovato 5 sequenze originate in Nigeria, abbiamo capito che si stava diffondendo”.  

Navigando fra i genomi, usando strumenti predittivi e informazioni da test eseguiti nei laboratori, “monitoriamo le evoluzioni più significative di Sars-CoV-2, sapendo già quale mutazione può essere a beneficio (se dà capacità di sfuggire agli anticorpi, per esempio) o a detrimento del virus”. Il gruppo originario di esperti – tra cui c’è anche l’italiano Gianluca Codagnone, settore finanza, ma anche scienziati come Thomas Peacock dell’Imperial College London – pian piano si è allargato. “Dopo che c’è stata l’ondata in Cina – spiega Gueli – un contributo lo hanno dato per esempio degli scienziati, ma anche dei cittadini cinesi che setacciano le sequenze con un occhio speciale sul gigante asiatico ma fanno davvero un grande lavoro, molto organizzato”. 

“La cosa bella – riflette – è che tutto è nato con un’auto-organizzazione e la collaborazione orizzontale fra scienziati e cittadini, ma anche ricercatori esperti di altri campi (fra gli italiani l’ematologo Daniele Focosi e il fisico Manlio Di Domenico), che si sono messi a fare un lavoro nell’ombra, in maniera anche altruistica. Alcuni scienziati di primo livello, come Roemer, hanno creduto nel nostro sforzo e ci hanno fatto entrare in questo mondo. E ora abbiamo in pubblicazione un paper”. Nel gruppo originario dei ‘cercatori di varianti’ c’è Ryan Hisner, insegnante di una scuola dell’Indiana negli Usa, “che poi ha ottenuto una borsa di studio in un’università sudafricana al top sulla genomica virale. Lui ha capito davvero come funziona il virus, è riuscito a trovare conformazioni, mutazioni, uso di proteine secondarie che non aveva visto nessuno”.  

Gueli ha avuto un’intuizione anche con la variante Acrux (XBB.2.3). Sull’ultima new entry, BA.2.86 alias Pirola, al momento non si sbilancia. Il senso è “riuscire a capire già da poche sequenze (meno di 100) se c’è qualche cambiamento che ha senso monitorare, un vantaggio competitivo, e anticipare di 1 o 2 mesi l’alert. La tempestività pesa. XBB.1.5, la variante Kraken su cui si basano i nuovi vaccini aggiornati, l’ha scoperta Roemer con 3 sequenze. Noi che abbiamo contribuito alla lunga attività di analisi giornaliera siamo cittadini ormai formati che lavorano gomito a gomito con esperti. Anche se raramente veniamo citati o riceviamo riconoscimenti, abbiamo acquisito competenze uniche” che possono essere utili “alla sanità pubblica” e “ad aziende che lavorano su trattamenti e vaccini, per capire dove sta andando il virus e muoversi veloci”.  

Ciò che appassiona di più Gueli è “andare all’origine di una variante, il lavoro di ricostruzione. Ci sono aree che sono grandi hub di varianti, dall’Africa al Sudamerica. Non so se sia una questione di sovrappopolazione o se pesi una situazione di ingiustizia sociale. Andrebbe approfondito”. Perché dare nickname alle nuove versioni di Sars-CoV-2? “Non è un aspetto che mi interessa tanto – puntualizza – L’idea è nata da un utente che si è inventato Centaurus per BA.2.75 e ha funzionato. All’inizio eravamo tiepidi, poi il biologo evoluzionista Ryan Gregory ha cercato di strutturare un sistema. Può essere migliorato, ma è un modo semplice per far seguire alle persone interessate il percorso del virus. Ora siamo passati alle costellazioni e cerchiamo nomi più innocui possibile. Pirola è stato scelto anche perché se l’Oms decidesse di attribuirgli una nuova lettera greca, potrebbe essere ‘pi’ o ‘ro’ e quel nickname le contiene entrambe. Nessuno dice che una nuova variante sia spaventosa o cattiva. Solo che nella famiglia Omicron ci sono tanti protagonisti, e il virus continuerà ad evolvere perché è troppo bravo a cambiare. Noi continueremo a collaborare con gli scienziati – chiosa – Un paragone può essere quello con gli astrofili e gli astronomi: i primi contribuiscono alle scoperte dei secondi, dedicando tempo e passione”. 

La variante Pirola (BA.2.86)? “Presto per dire che futuro avrà” – Non si sbilancia Gueli

sull’ultima new entry fra le versioni di Sars-CoV-2, BA.2.86, alias Pirola come è stata battezzata dagli esperti sui social. “E’ molto mutata”, si contano oltre 30 variazioni a livello della proteina Spike, che serve al virus per agganciare le cellule umane, “e sta circolando”, spiega. “Queste sequenze le seguiamo, ma non potrei dire ora che futuro avrà”.
 

Intanto il virus continua a mutare. “Se Pirola non prenderà piede – conclude Gueli – ci sono lignaggi, come quelli con le cosiddette mutazioni ‘Flip’, che già stanno andando veloci”.