(Adnkronos) – La libertà di espressione e di stampa è sotto attacco, ovunque nel mondo, e in molti casi i giornalisti e le giornaliste sono presi di mira quando diffondono notizie riservate di interesse pubblico, quando denunciano gravi violazioni dei diritti umani, abusi di potere, crimini di guerra e corruzione. Ecco perché Amnesty International rilancia l’appello ad unirsi, anche attraverso uno strumento di solidarietà concreta come il lascito solidale, intorno alle donne e agli uomini che in tutto il mondo stanno mettendo a repentaglio la loro stessa vita in nome di un ideale di libertà e di giustizia, oltre a denunciare i governi che vogliono ridurre al silenzio le voci critiche, come testimonia la vicenda di Julian Assange, fondatore di Wikileaks, che vogliamo ripercorrere perché certe vicende non devono essere dimenticate. 

Dal 2010 Assange è stato nel mirino delle autorità statunitensi, in seguito alla pubblicazione di oltre 251.000 documenti diplomatici, molti dei quali etichettati come ‘confidenziali’ o ‘segreti’ forniti dall’ex militare Chelsea Manning. I documenti svelavano crimini di guerra perpetrati dalle forze armate Usa in Iraq e Afghanistan. Sempre nel 2010 Assange si presenta spontaneamente negli uffici di Scotland Yard e viene arrestato in seguito al mandato di cattura europeo. Nel frattempo, la Svezia presenta una richiesta di estradizione alle autorità britanniche. Quindi nel 2011 l’Alta corte di Londra dà il via libera all’estradizione richiesta dalla Svezia. Nel 2012 la Corte Suprema britannica rigetta il ricorso contro l’estradizione. Assange si rifugia subito dopo presso l’ambasciata dell’Ecuador a Londra, chiedendo asilo politico in quanto perseguitato. Il 16 agosto 2012 il governo di Rafael Correa gli concede lo status di rifugiato politico mentre si trova ancora nell’ambasciata, poiché il Regno Unito non vuole garantirgli un salvacondotto e minaccia di arrestarlo con un blitz, per poterlo consegnare alla Svezia.  

Il 12 dicembre 2017 l’Ecuador concede la cittadinanza ad Assange ma lo stesso Paese l’11 aprile 2019 gli revoca l’asilo concesso e l’ambasciata ecuadoregna a Londra lo espelle. Ad attenderlo le autorità britanniche che lo arrestano. Nel maggio 2019 Assange viene incriminato negli Stati Uniti: a suo carico 17 capi d’accusa sulla base dell’Espionage Act per aver cospirato per ottenere informazioni classificate e poi diffuse online. L’11 giugno 2019 il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti chiede formalmente alla Gran Bretagna di estradare Assange negli Stati Uniti per affrontare le accuse di aver cospirato per hackerare computer governativi e violato una legge sullo spionaggio. Il 10 aprile 2024 il presidente americano Joe Biden afferma che gli Stati Uniti stanno “considerando” di abbandonare il processo contro Assange su richiesta dell’Australia. Il primo ministro australiano Anthony Albanese ha sostenuto una mozione che chiede il ritorno di Assange nel suo paese natale.  

Il 24 giugno 2024 dopo più di cinque anni, Assange è tornato libero: ha lasciato il Regno Unito e il carcere di massima sicurezza di Belmarsh – a est di Londra – dopo aver raggiunto un accordo di dichiarazione di colpevolezza con la giustizia americana. “Alla fine ho scelto la libertà, piuttosto che una giustizia irrealizzabile. La libertà di espressione e tutto ciò che ne consegue si trovano a un bivio oscuro. Temo che, a meno che istituzioni che stabiliscono norme come il Consiglio d’Europa non si sveglino di fronte alla gravità della situazione, sarà troppo tardi”. Con queste parole il 1 ottobre scorso Julian Assange ha parlato davanti a una commissione del Consiglio d’Europa a Strasburgo, in quello che è stato il suo primo intervento pubblico da quando è stato rilasciato. 

Amnesty International continua a chiedere l’annullamento di tutte le accuse contro Assange, considerandole una grave minaccia per la libertà di espressione e un pericoloso precedente per la protezione dei diritti dei giornalisti. Il suo caso resta un simbolo della battaglia per la trasparenza e per il diritto dell’opinione pubblica ad accedere a informazioni di interesse pubblico. A seguito della sua audizione, l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa ha riconosciuto Julian Assange come “prigioniero politico”. Sebbene la pronuncia sia arrivata con Assange già libero, potrebbe avere ricadute dato che la Corte ha chiesto ai governi di Usa e Regno Unito di fare luce su alcuni punti della vicenda giudiziaria. 

La storia di Assange mette in evidenza tutto il lavoro di denuncia e protesta che ostinatamente abbiamo portato avanti – sottolinea Amnesty International – Non è stato un risultato immediato, le nostre sono battaglie lunghe e impegnative e per poterle portare avanti abbiamo bisogno del sostegno di tutti. Un lascito testamentario è un dono immenso, un prezioso aiuto per portare avanti campagne che durano nel tempo. Un lascito sarà la libertà di esprimere sé stessi senza il timore di essere imprigionati, torturati e talvolta uccisi. Sarà la speranza per tutti coloro i cui diritti sono violati, sarà cambiare la loro storia o riscriverne il finale. È fare una scelta oggi per un futuro di libertà è giustizia per tutti (https://www.amnesty.it/sostienici/lasciti-testamentari/)