(Adnkronos) –
Rimuovere le forze Unifil dal Libano. A chiederlo è il premier israeliano Benjamin Netanyahu al Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres: dovete provvedere al ritiro delle forze di Unifil dalla roccaforte di Hezbollah nel sud del Libano, scrivono i media israeliani dopo che cinque ‘caschi blu’ della missione sono stati feriti negli ultimi giorni, quattro dei quali dalle forze israeliane, un quinto in un incidente non ancora chiarito. 

I ‘caschi blu’ di Unifil, ha denunciato Netanyahu, si sono trasformati in “scudi umani” per le milizie di Hezbollah. Per questo, ha aggiunto, il loro ritiro deve essere ordinato “adesso, immediatamente”. 

Netanyahu ha ricordato che le Idf hanno già avanzato questa richiesta che è stata “costantemente respinta”, un rifiuto a suo dire, “interamente finalizzato a fornire scudi umani ai terroristi Hezbollah”. “Il suo rifiuto di ritirare le forze dell’Unifil rende i suoi militari ostaggio di Hezbollah e mette in pericolo anche la vita dei nostri soldati”. 

E nuove violazioni delle postazioni e della missione Unifil da parte delle forze israeliane si sono verificate nelle ultime ore, denuncia la missione Onu nel sud del Libano con un post su Telegram.  

Intorno alle 4.30 di questa mattina, due carri armati Merkava delle Idf “hanno distrutto” l’ingresso principale della postazione Unifil di Ramyah – già presa di mira ieri – e vi sono entrati a forza. I militari della missione, che avevano avvistato le forze israeliane passare il confine con il Libano, erano nei rifugi. I carri armati hanno lasciato la postazione dopo 45 minuti, dopo che Unifil aveva inoltrato una protesta attraverso il meccanismo di collegamento. Una volta in più è stato segnalato che la presenza dell’Idf mette i ‘caschi blu’ in pericolo.  

Quindici ‘peacekeeper’ della missione Unifil sono rimasti feriti dopo l’irruzione. Alle 6.40 i militari hanno osservato l’esplosione di diversi proiettili un centinaio di metri più a nord che hanno emesso fumo. Anche se i militari avevano indosso le maschere protettive, 15 di loro hanno riportato irritazione della pelle e reazioni gastrointestinali, dopo che il fumo è arrivato alla base. I ‘caschi blu’ sono stati curati per questi sintomi. Ieri soldati dell’Idf hanno poi costretto allo stop un trasporto logistico cruciale dell’Unifil vicino a Meiss ej Jebel, impedendo il passaggio e di fanno annullando l’operazione. 

Per la quarta volta in quattro giorni “ricordiamo all’Idf e a tutti gli attori i loro obblighi per garantire la sicurezza del personale Onu e delle proprietà e di rispettare l’inviolabilità delle postazioni dell’Onu in qualsiasi momento”.  

“Violare ed entrare in una postazione dell’Onu è una ulteriore violazione flagrante del diritto internazionale e della risoluzione del Consiglio di sicurezza del 2006 1701, si precisa. Qualsiasi attacco deliberato contro i ‘peacekeepers’ è una grave violazione del diritto internazionale e umanitario e della risoluzione 1701”. “Il mandato di Unifil garantisce la libertà di movimento nella sua area operativa e qualsiasi restrizione di tale libertà è una violazione della risoluzione 1701”. “Abbiamo richiesto una spiegazione all’Idf per queste violazioni scioccanti”, conclude il post.  

E le spiegazioni dalle Idf sono arrivate. Il carro armato israeliano che è andato a sbattere contro una postazione dell’Unifil era in quel momento sotto attacco da parte degli Hezbollah, hanno precisato le Forze di difesa israeliana. “Da un primo esame è emerso che un carro armato delle Idf, che stava cercando di evacuare i soldati feriti mentre era ancora sotto il fuoco, è andato a sbattere per diversi metri contro una postazione dell’Unifil. Una volta cessato il fuoco nemico e dopo l’evacuazione dei soldati feriti, il carro armato ha lasciato la postazione”.  

E ai microfoni del Tg1 il portavoce dell’Idf Daniel Hagari ha precisato che “c’è un’inchiesta in corso al più alto livello possibile su quanto accaduto. Ogni incidente nel quale l’esercito ha forse sparato contro basi di Unifil è un errore, non stiamo puntando contro Unifil. L’Italia è un amico molto importante di Israele, è una amicizia sincera ed anche una alleanza importante. Quando operiamo in Libano il nostro obiettivo è esclusivamente Hezbollah, non il Libano come Paese e neanche i cittadini libanesi”.  

In serata arriva la risposta delle Nazioni Unite alla richiesta di Netanyahu di abbandonare il Libano. La missione resta, fa sapere il portavoce di Antonio Guterres in una nota nella quale conferma la missione e ribadisce l’importanza di “garantire la sicurezza del personale e delle strutture”. “Gli attacchi contro i peacekeeper violano il diritto internazionale, compreso il diritto umanitario internazionale e possono costituire un crimine di guerra”, afferma Stephane Dujarric.  

Dal canto su Israele, facendo sapere di aver colpito 200 obiettivi di Hezbollah nel sud del Libano nelle ultime 24 ore uccidendo decine di militanti, ha ribadito agli Usa che Hezbollah ‘usa’ le postazioni dell’Unifil per ‘coprire’ i suoi attacchi. Le Forze di difesa israeliane hanno condotto raid aerei che hanno distrutto lanciarazzi, postazione anticarro, posti di comando e depositi di armi.  

 

Hezbollah ‘usa’ le postazioni dell’Unifil nel sud del Libano per ‘coprire’ i suoi attacchi e spara dalle vicinanze delle basi “intenzionalmente”. Sono i concetti ribaditi dal ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant nella telefonata al segretario della Difesa americano Lloyd Austin, che ha espresso “profonda preoccupazione” per i raid vicini alle postazioni della missione Onu, nei quali sono rimasti feriti cinque peacekeeper. 

Gallant, fa sapere il suo ufficio, “ha sottolineato che, pur affrontando questa significativa sfida operativa, le Idf continueranno a prendere misure per evitare danni alle truppe e alla postazioni di Unifil”. 

Il ministro della Difesa israeliano ha anche informato il capo del Pentagono sullo stato delle operazioni in Libano: i due “hanno discusso delle attività difensive in corso di fronte alle minacce poste dall’Iran e dai suoi proxy, principalmente le milizie iraniane in Yemen, Siria e Iraq”. 

 

Israele avrebbe deciso di colpire le infrastrutture militari ed energetiche iraniane, in risposta all’attacco missilistico del primo ottobre, mentre non ci sono indicazioni che tra gli obiettivi ci saranno i siti nucleari o che condurrà assassini mirati. Lo rivela l’emittente Nbc, che cita funzionari americani, secondo cui Israele non avrebbe invece ancora preso una decisione definitiva su quando agire. Le stesse fonti fanno sapere di non avere informazioni che indichino che la risposta arriverà oggi, ma, precisando che Israele non condivide con Israele la possibile tempistica, non escludono che la risposta possa arrivare anche durante la festività dello Yom Kippur, che si conclude nelle prossime ore. 

 

L’Iran respinge come “false” le rivelazioni secondo cui Hamas avrebbe cercato di coinvolgerlo nell’attacco del 7 ottobre e fosse dunque a conoscenza dell’operazione ‘Diluvio di al Aqsa’. In una nota citata dall’agenzia di stampa Irna, la rappresentanza iraniana all’Onu afferma che le notizie riportate ieri dal ‘New York Times’ “non hanno credibilità” e si basano su “documenti inventati”. 

“Mentre gli stessi funzionari di Hamas con sede a Doha hanno dichiarato che anch’essi non erano a conoscenza dell’operazione e che tutta la pianificazione, il processo decisionale e la direzione sono stati eseguiti esclusivamente dall’ala militare di Hamas con sede a Gaza, qualsiasi affermazione che tenti di collegare l’operazione all’Iran o a Hezbollah – in tutto o in parte – è priva di credibilità e proviene da documenti falsificati”, ha dichiarato la missione in una nota. 

Secondo il quotidiano americano, che cita file sequestrati dall’esercito israeliano, Hamas pianificava di attaccare Israele già dal 2022, ma rinviò l’operazione per cercare nel frattempo di ottenere il sostegno di Teheran e di Hezbollah.