(Adnkronos) –
La sfida di riuscire ad attrarre i migliori cervelli dall’estero “è un problema molto grave e complesso che richiederebbe strategie serie e a lungo termine da parte dell’Italia, ma purtroppo queste strategie non sono mai state messe in atto da parte di nessuno dei Governi che si sono succeduti da quando io possa ricordare. Ovviamente non so nello specifico quale sia l’idea del ministro della Salute italiano Orazio Schillaci”. Ma Antonio Iavarone, professore di Chirurgia neurologica, Deputy Director del Sylvester Comprehensive Cancer Center, University of Miami – Miller School of Medicine, è molto scettico sulla riuscita dell’operazione. Ancora nei giorni scorsi il ministro ha ribadito: “Stiamo pensando a sgravi fiscali anche per i medici che vorranno tornare” dall’estero.
Parlando con l’Adnkronos Salute dagli Usa, il top scientist di Benevento, in forze negli Stati Uniti ormai da tanti anni, è molto diretto. Il copione si ripete da troppo tempo, è il succo del suo pensiero. “Sono annunci che vengono fuori ciclicamente, finora chiacchiericcio, pubblicità, ma mai niente di serio. E’ chiaro che il problema non è certo offrire l’aiuto fiscale. Sono cose che vengono dette più per soddisfare il pubblico in Italia, per dare delle suggestioni a chi non si rende conto dei problemi” di sanità e ricerca. Alla domanda se tornerebbe ‘in patria’ alle condizioni attuali, Iavarone risponde “no. Ma – aggiunge – il tema è chiaramente molto più complesso, va oltre la singola persona. Dipende da qual è l’obiettivo: se è aumentare la popolazione dei medici” con camici bianchi “con un livello anche scarso, si può andare ovunque e se ne trovano di persone non particolarmente qualificate. Se si vuole invece aumentare il valore della sanità, che è purtroppo andata peggiorando progressivamente, è ben più complicata la questione”.
E il nodo per Iavarone è che serve una drastica rivoluzione di sistema che faccia diventare “la meritocrazia” il faro da seguire e accresca l’attrattività del Paese. “Io stesso da molti anni ho provato senza alcun successo a realizzare delle strutture importanti in Italia che dovevano essere poli di attrazione per i migliori medici, i migliori scienziati italiani. Ma tutto questo non si è mai voluto fare. Il problema rimane il fatto che c’è un sistema all’interno della sanità e delle università italiane che è diffuso e accettato da tutti e non premia sempre la meritocrazia”. Ci sono realtà “soprattutto al Sud in cui la sanità è carente, e molte situazioni nel campo di cui mi occupo, cioè i tumori, in cui le persone ricevono cure inadeguate. Ricevo spesso richieste di aiuto dall’Italia alle quali ovviamente non posso dare risposta, perché magari il trial clinico innovativo è stato aperto a Parigi o a Londra e invece non c’è la struttura locale” nel nostro Paese.
“Noi ci stiamo provando, ancora e ancora”, assicura Iavarone. Ma, fa notare, in generale i migliori medici e scienziati “non vanno dove non ci sono dei progetti seri che permettano di realizzare quella comunità scientifica che si realizza nei migliori centri internazionali. Una singola persona non può riuscire a cambiare una realtà, a meno a che non si metta in piedi un progetto strategico, con grandi finanziamenti e una gestione completamente svincolati dal sistema clientelare. Finora tutto questo non lo si è mai voluto fare, non c’è mai stato nessun Governo di destra, di sinistra, di centro che abbia voluto farlo e su questo tutte le parti politiche si trovano completamente d’accordo. Poi ogni tanto arrivano questi piccoli annunci. E io mi ritrovo a rispondere in maniera ripetitiva sempre le stesse cose”, sorride.
Di proposte dall’Italia Iavarone ne ha ricevute diverse. E dagli Usa ha seguito anche le notizie che si sono susseguite negli anni su grandi progetti scientifici. Solo in un paio di casi il suo scetticismo ha vacillato. Uno di questi è stato lo Human Technopole di Milano. Un progetto “che potenzialmente era quello che si doveva fare” e “nel quale sono stati messi tanti soldi”. Ma poi la direzione che ha preso non aveva pienamente convinto l’esperto. “Mi si chiede quando tornerei in Italia, per cosa. Ecco, io tornerei per fare uno Human Technopole serio. Si dovrebbe fare non solo a Milano, ma a Roma, al Sud, in tutta Italia, se ci fosse una volontà seria di cambiare le cose”.
Quindi, conclude, “io non riesco a essere ottimista. Tutti i tentativi che sono stati fatti non sono andati a buon fine. Potrei fare una decina di esempi. Io ci ho provato per 20 anni. E certamente sarei venuto in Italia per realizzare progetti importanti che avrebbero rappresentato dei punti di riferimento per la comunità internazionale di scienziati. Ma non ho trovato volontà di fare questo né al Nord, né al Centro, né al Sud. Ho avuto tante bellissime interazioni, baci, abbracci, cene, discorsi con politici e istituzioni di ogni genere, tutti finiti nel nulla. E temo che questo discorso lo affronteremo ancora nei prossimi anni e sarà sempre uguale. Il problema non è la fuga dei cervelli – chiosa – ma l’assenza di circolazione dei cervelli, e non lo si capisce fino in fondo: significa attrarre le persone migliori in un determinato campo in Italia, indipendentemente dalla nazionalità”.