(Adnkronos) – In Italia, secondo i dati Istat relativi al 2023, oltre 1 milione e 295mila bambini vivono in povertà assoluta, che significa non avere i mezzi per condurre uno standard di vita minimamente accettabile. Un numero che corrisponde al 13,8% del totale dei minori residenti nel nostro Paese, con una percentuale che varia dal 12,9% del Nord al 15,5% del Mezzogiorno. Particolarmente a rischio di povertà assoluta sono i bambini figli di genitori senza cittadinanza italiana: in tali nuclei familiari, composti esclusivamente da stranieri, l’incidenza della povertà assoluta è pari al 35,1% contro il 6,3% delle famiglie italiane. “Eppure ogni bambino dovrebbe avere la possibilità di crescere e svilupparsi in maniera ottimale, essere curato nel migliore dei modi quando si ammala, essere educato in modo da poter sviluppare tutte le sue potenziali risorse intellettuali e conoscitive. Ma la povertà, nelle sue diverse forme, ostacola il raggiungimento di questo diritto”. ‘Bambini e povertà’ è il tema dell’intervento di Mario De Curtis, presidente del Comitato per la bioetica della Società italiana di pediatria (Sip) e già professore ordinario di Pediatria presso la Facoltà di Medicina e Odontoiatria dell’Università di Roma La Sapienza, al 79esimo Congresso della Sip che si apre domani a Firenze. 

La povertà non è solo economica, ma esistono altre forme di povertà come quella alimentare, quella sanitaria, quella educativa, quella ereditaria e quella energetica. Povertà alimentare: più di 7 bambini su 100 di età inferiore a 16 anni presentano una deprivazione alimentare nel Mezzogiorno. “L’incapacità da parte della famiglia di sostenere le spese per un pasto proteico al giorno, oppure l’incapacità di affrontare le spese per comprare il cibo necessario, delinea una condizione di deprivazione alimentare nel 2021 ha interessato il 5,9% dei minori di 16 anni. Questa percentuale sale nel Mezzogiorno al 7,6%. Un indicatore dell’aumento della povertà alimentare è il progressivo incremento delle attività delle associazioni benefiche che distribuiscono alimenti provenienti dalla grande distribuzione e da donazioni, destinati a centri impegnati nell’assistenza ai più poveri. A conferma di questa tendenza, si evidenzia l’attività della Fondazione Banco alimentare Onlus, che lo scorso anno ha distribuito oltre 110mila tonnellate di alimenti, aiutando più di 1 milione e 700mila persone, di cui circa 330mila con meno di 14 anni”, spiega De Curtis. 

Povertà educativa: asili nido non garantiti al Sud. “Maria Montessori affermava che un bambino senza istruzione ‘è un cittadino dimenticato’. La povertà educativa indica l’impossibilità dei minori di apprendere, sperimentare e sviluppare le proprie capacità, talenti e aspirazioni. L’asilo nido – ricorda De Curtis – è un luogo di apprendimento e socializzazione dove i bambini possono interagire con coetanei e adulti e offre un supporto essenziale per conciliare le esigenze lavorative dei genitori con la cura dei figli. Il Consiglio europeo di Barcellona aveva stabilito l’obiettivo di raggiungere entro il 2010 una copertura del 33% di posti per bambini sotto i 3 anni in ogni Paese membro. Ma circa la metà delle Regioni italiane, soprattutto al Sud, ad oggi non lo ha raggiunto. E il nuovo obiettivo target del 45% entro il 2030 fissato nel 2022 dalla Commissione europea appare difficilmente raggiungibile, specie se si considera che alcune Regioni del Sud si attestano attualmente intorno al 13%”.  

“Il nuovo Piano strutturale di Bilancio 2025-2029 – continua De Curtis – desta molte preoccupazioni: le proiezioni del ministero dell’Economia indicano che in alcune aree del Sud, in particolare in Sicilia e Campania, la copertura non raggiungerà nemmeno il 20% entro il 2027, perpetuando così le disuguaglianze territoriali anche in ambito educativo. Nonostante il calo del tasso di abbandono scolastico negli ultimi 2 decenni, il nostro Paese, poi, continua ad essere fanalino di coda dell’Unione europea, con un tasso pari all’11,5%, contro una media europea del 9,6%”, avverte il professore.  

Povertà sanitaria: se il diritto alla salute dipende dalla regione in cui si vive. “La salute è un diritto di tutti, tutelato dalla Costituzione italiana, ma oggi questo diritto dipende dalla regione in cui una persona ha la fortuna o sfortuna di nascere e di vivere. Nel 2020 la mortalità infantile è stata del 2,51 per mille nati vivi, e maggiore del 60% nei figli di genitori stranieri rispetto a quelli di genitori italiani. I bambini nati nel Mezzogiorno hanno registrato un tasso di mortalità infantile superiore del 70% rispetto a quelli nati nel Nord. Se nel 2020 il Mezzogiorno avesse avuto lo stesso tasso di mortalità infantile del Nord, sarebbero sopravvissuti 155 bambini in più”, prosegue De Curtis. La migrazione sanitaria genera e alimenta iniquità, poiché non tutte le famiglie sono in grado di sostenere i costi dei trasferimenti per garantire le cure migliori ai propri bambini. 

Povertà ereditaria: 5 generazioni per colmare il divario, ma l’offerta educativa può ridurlo. “Secondo un’indagine della Caritas, la povertà ereditaria si trasmette di padre in figlio e si riferisce al fatto che occorrono almeno 5 generazioni affinché una persona nata in una famiglia povera possa raggiungere un livello medio di reddito. Solo l’8% dei giovani con genitori privi di un titolo di studio superiore riesce infatti a ottenere un diploma universitario. Un’offerta educativa valida e di qualità potrebbe però interrompere il ciclo di trasmissione da una generazione all’altra”, rimarca De Curtis. 

Povertà energetica: 1 bambino piccolo su 10 ha sperimentato una povertà energetica. Secondo un recente documento di Save the Children, nel 2023 1 bambino su 10 di età inferiore a 5 anni ha sperimentato una povertà energetica, cioè, è vissuto in una casa che non era adeguatamente riscaldata in inverno. Tale percentuale ha raggiunto il 16% nel Mezzogiorno. 

La povertà accorcia la vita, ammoniscono i pediatri. La povertà ha conseguenze anche sulla salute psico-fisica, poiché aumenta la vulnerabilità a malattie croniche e infezioni, nonché a disturbi psicologici e comportamentali. I bambini provenienti da famiglie svantaggiate presentano maggiori rischi di obesità, malnutrizione e condizioni igieniche precarie, con effetti negativi che persistono anche in età adulta. “Ci sono modificazioni epigenetiche indotte dalla povertà, che accelerano significativamente il ritmo del processo biologico di invecchiamento, esponendo di fatto il bambino ad una aumentata e precoce vulnerabilità alle malattie dell’età adulta. Ciò vuol dire che le lancette dell’orologio biologico dei bambini poveri corrono più in fretta”, conclude De Curtis.