(Adnkronos) – La metà degli italiani (51%) si sente più giovane della propria età, con una concentrazione tra i 55-64 anni (58%) e i 65+ anni (69%), segno di un forte desiderio di continuità e vitalità mentale nelle fasce più avanzate. Il 63% dei 55-64enni si sente mentalmente più giovane e questa percentuale cresce al 69% tra gli over 65. Tuttavia, in termini di efficienza fisica, solo il 40% dei 55-64 anni si sente più giovane, a indicare che il declino fisico viene percepito in modo più marcato rispetto a quello mentale. Per il 36% degli italiani oltre i sessant’anni, la vecchiaia incomincia quando si smette di fare progetti. Sono i risultati di ‘L’età senza età’, la nuova edizione dell’Osservatorio Nestlé che, nell’indagare il legame tra la longevità e qualità di vita, oltre a suscitare la domanda ironica ‘vecchio a chi?’, conferma l’impegno dell’azienda a supportare il benessere fisico e mentale, incoraggiando abitudini alimentari che favoriscano una longevità attiva e soddisfacente per tutti.  

L’indagine – si legge in una nota – abbraccia 4 generazioni esplorando come giovani, adulti e anziani possono unirsi in un percorso di salute e benessere mentre transitiamo da una società della vecchiaia a una della longevità. E’ certamente uno sguardo olistico perché, come confermano anche precedenti studi dell’Osservatorio Nestlé, le emozioni influenzano quanto e ciò che scegliamo di mangiare e il cibo che consumiamo può nutrire sia il corpo che lo spirito, in un circolo virtuoso in cui salute e benessere si alimentano reciprocamente. “L’impegno, la partecipazione, il contribuire a creare un mondo migliore per sé o gli altri, o semplicemente avere un obiettivo in grado di sfidarci e collocarci nel futuro – commenta Nic Palmarini, direttore del National Innovation Centre for Ageing (Nica) del Regno Unito, Ceo di Voice Italia Social Enterprise e Co-Founder di Edelman Longevity Lab – rappresenta un driver cruciale. E’ quello che gli inglesi chiamano ‘purpose’ e che potremmo provare a tradurre con ‘senso della vita’. Ne parliamo ogni giorno per tenere la nostra mente attiva, per spronarci ad alzarci dal divano o smettere di scrollare Instagram, ma qui è nero su bianco: è quello che stabilisce il confine tra sentirsi o meno vecchi”. 

Pur sentendoci più giovani rispetto alla nostra età anagrafica, siamo tutti preoccupati dell’avanzare degli anni. E mentre oltre il 45% dei più giovani, nella fascia 18-34 anni, è in ansia per l’aspetto fisico e i cambiamenti estetici, per il 50% dei 35-45enni e il 55% dei 45-54 anni è il mantenimento della forza fisica a essere la preoccupazione centrale. Mentre è sugli aspetti legati al senso profondo di dignità che le ansie degli italiani si acuiscono: il timore del declino cognitivo e mentale, e della perdita di autonomia, sono sentiti da tutti, diventando una vera e propria preoccupazione per un’alta percentuale delle generazioni 55-64 anni e 65+. 

A dispetto del concetto di ‘ageismo’ che vede le generazioni come status a sé, diverse sono le cose che accomunano tutte le età, soprattutto la preoccupazione per la solitudine e l’isolamento, più marcate addirittura nelle generazioni più giovani (18-34 anni 27% e 35-44 anni 21%), mentre nelle età più avanzate incide del 19% e addirittura del 17% sugli over 65, quasi a riprova di una ritrovata ‘serendipità’. “Non esiste un ‘loro’ e ‘noi’ – spiega Palmarini – Quegli anziani che pensi siano chissà cosa o chissà chi, assomigliano a qualcuno che conosciamo benissimo. Le cose che temiamo della vecchiaia, ad esempio, sono praticamente le stesse a qualsiasi età. Le potrei riassumere con la parola ‘dignità’. Vogliamo che ci venga preservata e riconosciuta la nostra dignità di persone, di essere autonomi, di non diventare un oggetto, di avere la possibilità di essere consapevoli delle nostre scelte grazie a una mente che funziona. Viene anche sfatato, finalmente, il mito secondo cui solitudine o isolamento siano paure degli anziani quando chiaramente è una delle cose che preoccupa di più i ragazzi”. 

L’alimentazione è associata al piacere per tutte le fasce d’età, ma solo il 20% della popolazione italiana considera il nutrimento un modo per vivere più a lungo. Tra i 18-34 anni, la fascia di età che può ancora permettersi di ‘sgarrare’ e pasteggiare a patatine e junk food senza sensi di colpa, c’è una percezione maggiore di felicità associata al cibo (oltre il 25%). Circa il 60% dei 55-64enni e 65+ ha ridotto la quantità di cibo consumata e oltre la metà afferma di aver migliorato la qualità e la leggerezza della propria alimentazione, riflettendo una crescente attenzione verso un’alimentazione più leggera e sana. Inoltre, 1 italiano su 3 ha aumentato il consumo di integratori e frutta secca, negli ultimi anni. 

“Sembrerebbe che gli italiani abbiano adottato abitudini più sane, con l’aumento del consumo di frutta, verdura e legumi – osserva Giuseppe Fatati, direttore scientifico dell’Osservatorio Nestlé e presidente di Italian Obesity Network – la metà dei 55+ ha diminuito il consumo di carne. I 65+ evitano anche i dolci. Inoltre, 2 su 3 tra gli over 65 hanno diminuito la propria alimentazione negli ultimi anni. Questo dato si presta a diverse osservazioni non tutte positive. Se consideriamo positivo per i giovani ridurre l’introito calorico, non siamo certi che lo stesso concetto sia valido per i meno giovani ed è un dato da analizzare con molta attenzione”. Lo stile di vita cambia sensibilmente in base alla fascia d’età. Se infatti i 18-34enni fanno movimento e si dedicano a degli hobby, e stimolano la mente con attività social e App sul cellulare, i 35-54enni dedicano molto tempo a lavoro e figli, i 55+ sono invece più legati alla televisione. I 65+, avendo smesso di lavorare, si possono dedicare ad attività secondarie, volontariato, ma anche amici e nipoti e, per svagarsi, privilegiano lettura, parole crociate e programmi televisivi. 

“La longevità – aggiunge Fatati – non è solo una questione di genetica; le nostre abitudini quotidiane, dalla dieta allo stile di vita, sono fattori determinanti. Educare le persone su questi aspetti e promuovere uno stile di vita sano è fondamentale per un futuro dove tutti possano invecchiare con qualità”. I dati evidenziano chiaramente un’Italia attenta al benessere e aperta a strategie innovative per vivere meglio e più a lungo. Ma, a fronte di una fotografia così chiara, alla fine, esiste ancora una domanda che stimola una riflessione e condivisione profonda sul proprio percorso di vita, come un ponte che unisce il passato e il presente: se potessi dare dei consigli al/alla te da giovane, quale consiglio ti daresti? Tutte le generazioni (si) raccomandano di vivere il più possibile attraverso esperienze significative, come viaggiare e studiare. In particolare, i 55+ (si) consigliano attività fisica regolare e una buona alimentazione. Le generazioni più mature, in particolare i 65+, (si) consigliano di passare più tempo con le persone care. I più giovani, come i 18-34enni, (si) raccomandano una particolare cura della propria salute mentale. 

“Ognuno di noi – sottolinea Palmarini – invecchia diversamente e vede la vecchiaia sempre come la prima asticella rappresentata dalla decade che si trova davanti. Per un ventenne, un vecchio è uno di trent’anni e così via. Il che ci ricorda come sia decisivo e necessario aiutare tutti tutto l’arco della vita per evitare quella stupida sorpresa che ci coglie quando raggiungiamo i sessanta. Come se non l’avessimo sempre saputo che sarebbe successo”.  

L’Osservatorio L’età senza età offre spunti per un futuro in cui l’età non è solo un numero ma una risorsa preziosa, un futuro costruito insieme, grazie al contributo di ogni generazione, al valore delle piccole abitudini quotidiane e alla scoperta di nuovi orizzonti della scienza nutrizionale. La scelta fatta da Nestlé di sostenere questo osservatorio – conclude Palmarini – è un segnale fortissimo al mercato e a tutte le imprese, indipendentemente dal loro settore merceologico. E’ la scelta di una organizzazione globale di abbracciare una visione orizzontale e olistica sul tema del corso della vita e guardare l’evoluzione di un Paese che cambia. Spero che questo osservatorio longevità sia il primo di una lunga serie che ci aiuterà, anno dopo anno, a decodificare non solo chi stiamo diventando ma, soprattutto, chi vorremo diventare”. Anche per questo, il futuro dell’Osservatorio vedrà sempre più il coinvolgimento di comunità e partner scientifici, per poter sviluppare linee guida concrete e raggiungere un numero crescente di persone, con l’obiettivo di costruire una società più sana, longeva e consapevole.