(Adnkronos) – Donald Trump dopo la vittoria alle elezioni americane del 5 novembre va avanti con le nomine choc di fedelissimi ed estremisti che stanno spiazzando e lasciando increduli anche alcuni esponenti della maggioranza repubblicana al Senato che, secondo la Costituzione, deve passare al vaglio queste nomine, nelle audizioni, per poi ratificarle con il voto prima in commissione e poi in aula.  

“Il presidente ovviamente ha il diritto di nominare chi vuole, ma credo che questo sia un esempio del perché nella Costituzione è previsto il nostro avviso e consenso”, ha dichiarato Susan Collins, una dei sette repubblicani che votarono per la condanna di Trump nel processo di impeachment per l’assalto al Congresso, esprimendo scetticismo per la nomina di Matt Gaetz, il principale agente del disordine tra i deputati dell’estrema destra trumpiana, alla guida del dipartimento di Giustizia.  

 

Il presidente eletto Donald Trump ha intanto annunciato che la portavoce della sua campagna elettorale Karoline Leavitt sarà anche la portavoce della Casa Bianca. La 27enne Leavitt “è intelligente, tenace e ha dimostrato di essere una comunicatrice molto efficace. Ho la massima fiducia che saprà eccellere dal podio e aiutarci a trasmettere il nostro messaggio al popolo americano”, ha dichiarato il tycoon in un comunicato. 

 

Ma proprio pochi giorni prima di iniziare il fuoco di fila di nomine che suonano come un’aperta sfida a chiunque voglia opporsi all’agenda Maga – iniziata con il giornalista di Fox, Pete Hegseth, al Pentagono, seguita da quella di Gaetz e della ex deputata dem, Tulsi Gabbard alla National Intelligence, e culminata con la nomina alla Sanità del no vax e complottista Bob Kennedy jr- Trump ha inviato un chiaro monito ai repubblicani del Senato, chiedendo senza mezzi termini di accettare un arcaico e poco usato meccanismo, il recess appointments, per rendere effettive le nomine bypassando completamente il Congresso

. “Qualsiasi repubblicano che voglia una posizione di leadership al Senato deve accettare il recess appointment, senza il quale non potremo avere le persone confermate velocemente”, tuonava sui social Trump domenica scorsa, entrando a gamba tesa nel dibattito interno ai senatori repubblicani per scegliere il nuovo leader di maggioranza. 

Un intervento che però non ha avuto gli effetti sperati, dal momento che la maggioranza dei senatori ha poi scelto John Thune come leader, e non Rick Scott, sostenuto dai Maga e da Elon Musk che accusavano il primo di essere establishment e che, ovviamente, si era già detto “al 100%” d’accordo con la richiesta del tycoon.  

La nomina di Thune, e le diverse dichiarazioni perplesse se non apertamente contrarie che stanno arrivando da alcuni repubblicani riguardo alcune nomine, in particolare Gaetz potrebbe spingere Trump a un braccio di ferro con il suo stesso partito – che va ricordato domina l’intero Congresso, al Senato con una maggioranza di 53 a 47 – forzando anche l’utilizzo di questa misura formulata all’inizio della storia politica americana, quando l’intero Congresso stava interi mesi lontano da Washington, appunto in ‘recess’. 

 

Per questo la sezione 2 dell’articolo 2 della Costituzione permette al presidente di riempire tempestivamente importanti incarichi bypassando appunto il Senato. Ma in tempi moderni, è stato già adottato da presidenti per aggirare l’opposizione, ma del partito opposto. Bill Clinton fece 139 nomine in recess e George W.Bush 171 ma non per incarichi a livello ministeriale.  

Anche Barack Obama usò lo strumento 32 volte, ma poi nel 2014 arrivò una sentenza della Corte Suprema che limitò il potere del presidente di fare recess appointment. Fu stabilito infatti che il presidente può farlo solo dopo che il Senato non è stato in sessione per almeno 10 giorni. Per questo anche durante le settimane intere di break, un senatore di turno ogni giorno apre e chiude la seduta. E così da allora nessun presidente ha più fatto nomine di questo tipo.  

Nel suo messaggio però Trump, con il chiaro obiettivo di rafforzare in un modo senza precedenti i poteri presidenziali, e far ingoiare alcune nomine indigeste anche per esponenti del suo stesso partito, chiede qualcosa di diverso, cioè chiede ai senatori repubblicani di rinunciare volontariamente ad esercitare il proprio ruolo costituzionale di ‘check and balance’ sulle scelte presidenziali, invocando la necessità di impedire l’ostruzionismo della minoranza dem. Per farlo dovrebbero approvare una mozione per sospendere la sessione del Senato per il tempo necessario, anche se in questo caso i senatori democratici cercheranno di attuare tutte le strategie per impedirlo.  

Non è neanche certo che tutti i senatori repubblicani siano disposti a questo passo, soprattutto dopo queste controverse nomine. Al post di Trump, Thune aveva risposto in modo possibilista assicurando che “tutte le opzioni sono sul tavolo per avere le nomina del presidente confermate velocemente, anche il recess appointment”. Ma dopo l’elezione a leader di mercoledì si è impegnato a lavorare, subito dopo il suo insediamento il 3 gennaio, a lavorare “ad un calendario aggressivo fino a quando le nomine del presidente saranno confermate”.