(Adnkronos) – In occasione del G7 Turismo, in corso da oggi a Firenze, l’Eurispes ha messo a punto uno studio per osservare il comparto e cercare di individuare alcuni punti fondamentali sui quali lavorare per far crescere un settore così importante, anche (ma non solo) economicamente, per il sistema Paese. Tra i temi da affrontare c’è innanzitutto quello della digitalizzazione, laddove la percentuale di imprese italiane di alloggio e ristorazione che usa l’e-commerce è oggi ancora più bassa rispetto alle altre medie europee (pari, per esempio, a solo il 31% contro il 64% della Spagna). 

Gli investimenti del settore turistico, già cresciuti del 26% nel 2023, sono ancora in aumento nel 2024 e lo saranno sempre di più nei prossimi anni. La Sezione speciale turismo del Fondo di Garanzia per le pmi, finalizzata ad agevolare l’accesso al credito e gli investimenti di media dimensione con una riserva del 50% per gli investimenti green, è rivolta ad almeno 11.800 imprese turistiche. 

Il settore del turismo a livello di Unione europea, nella sua definizione più stretta (in termini di fornitori tradizionali di viaggi e di servizi turistici), conta 2,3 milioni di imprese, principalmente piccole e medie, che danno lavoro a circa 12,3 milioni di persone. Il turismo è una delle principali attività economiche dell’Unione, rappresentando il 10% del Pil, con un’incidenza considerevole sulla crescita economica, sull’occupazione e sullo sviluppo sociale. In Italia tale percentuale è anche superiore, raggiungendo circa il 13%. 

Nel 2023, il paese in cui maggiormente è stata impiegata l’Intelligenza artificiale per programmare dei viaggi sono stati gli Usa, dove è stata utilizzata da ben il 63% degli utenti. Nessuna nazione europea ricopre una posizione nelle prime cinque. La sesta è la Spagna, che presenta un tasso di adozione dell’IA da parte dei viaggiatori del 16%. Poco sotto, con il 14%, si colloca l’Italia, a pari merito con la Germania. Il 61% delle grandi imprese italiane ha già avviato almeno un progetto di IA. Tra le PMI, invece, solo il 15% ha almeno un progetto di IA avviato. Le aziende del settore turistico che hanno implementato l’IA per l’automazione delle prenotazioni e la gestione dei dati hanno registrato un aumento medio del 20% nei profitti e una riduzione del 15% nei costi operativi. 

Va ricordato che l’Indice di Digitalizzazione dell’economia e della società (Desi) colloca l’Italia al 18° posto sui 27 Stati dell’Ue. Le differenze in termini di fatturato medio per addetto tra le imprese con un Digital intensity index alto rispetto alle imprese con un indice basso sono del resto notevoli: il fatturato medio per addetto delle imprese con più di 10 dipendenti passa da 162.400 euro per le aziende con un Indice di Digital Intensity molto basso, a 408.500 euro per quelle con Indice alto. 

Per l’Eurispes sono quattro i punti da cui partire. 1) Dal turismo virtuale a quello esperienziale: L’impatto della digital economy ha determinato la formazione di una experience economy, per la quale è centrale il “consumo” delle esperienze rispetto all’offerta di beni e servizi tangibili. Bisogna passare da siti web statici a quelli dinamici, rendendo la tourist experience sempre più personalizzata e aumentando la visibilità delle destinazioni, fruibili anche tramite il turismo virtuale. La competizione per gli operatori del settore si svolge oggi sul terreno del turismo esperienziale. In definitiva, l’innovazione applicata alla produzione di conoscenza e alle nuove tecnologie può divenire un fattore di crescita e sviluppo per il territorio e il sistema Paese, così come sostenuto anche dall’Unesco, che, già nel 2020, ha lanciato iniziative a sostegno del digitale multilivello in grado di influenzare i comportamenti dei fruitori delle destinazioni, ma anche l’immagine delle stesse destinazioni. E in tal senso la realtà virtuale può attrarre nuove tipologie di turisti e costituire magari la premessa conoscitiva per la successiva esperienza di viaggio ‘fisica’. 

2) Verso smart tourist destinations: la tecnologia va usata per produrre contenuti di qualità e per avvicinare le persone con più passione alla stessa tecnologia, creando contenuti che generino emozioni. Una sfida che richiede anche nuove competenze professionali. Lo scopo deve essere quindi investire nella transizione digitale per trasformare le destinazioni in smart tourism destinations. Una meta di turismo intelligente implica un approccio, derivato dalla filosofia delle smart cities, che punti all’ottimizzazione delle risorse, a una governance efficace e alla tutela della qualità della vita sia per i residenti che per i visitatori.  

Il tutto attraverso un destination management plan, inteso quale piano che definisca la direzione strategica della destinazione in un determinato arco temporale, in termini di vision, mission e obiettivi, e le azioni da attuare per raggiungere gli obiettivi prefissati. Al centro di tale strategia ci sono i dati, prodotti, diretti ed elaborati attraverso l’infrastruttura tecnologica della destinazione, così che le Istituzioni e le imprese possano prendere decisioni consapevoli e mirate. La smart tourist destination lavora, in sostanza, su cinque diversi pilastri: governance, innovazione, tecnologia, sostenibilità e accessibilità, laddove, in particolare, il pilastro della sostenibilità impone una prospettiva di lungo termine, in modo tale da non compromettere il futuro delle risorse locali, né la qualità della vita dei locals e degli stessi turisti (anche in funzione di contrasto al cosiddetto overtourism). 

3) Intelligenza artificiale e robot tax: nell’arco dei prossimi anni, anche nel settore turistico, gli sviluppi nel campo dell’Intelligenza artificiale potrebbero favorire la sostituzione di lavoratori persone fisiche con macchine. L’eventuale contrazione del lavoro umano a causa dell’evoluzione tecnologica e della diffusione dei robot potrebbe peraltro avere, anche in Italia, conseguenze, in generale, sulle entrate fiscali. Dunque, potrebbe essere opportuno intercettare questo possibile scenario, laddove, per esempio, le forme teorizzate di prelievo sull’attività dai robot vanno da un’imposizione diretta (aggiuntiva) sulle imprese che usano questa tecnologia, alla tassazione sul compenso virtuale che avrebbero i robot in quanto sostituti degli esseri umani: la cosiddetta ‘Robot tax’. Finora, comunque, l’automazione sembra avere creato più posti di lavoro di quanti ne abbia distrutti.  

Affrontare per tempo la questione può però essere utile, laddove, in ogni caso, ciò che andrebbe perseguito non dovrebbe certo essere quello di ostacolare lo sviluppo tecnologico, ma semmai redistribuire gli effetti economici delle innovazioni tecnologiche e i loro benefici. E questo potrebbe essere ottenuto incentivando il reinvestimento, a fini sociali, di parte dei profitti che provengono dagli incrementi di produttività riconducibili al progresso tecnologico. L’esigenza, in sostanza, non è quella di ostacolare le innovazioni che (eventualmente) sostituiscono lavoro, ma piuttosto quella di individuare criteri che consentano di distribuire sull’intera collettività i benefici potenziali di tali cambiamenti. Una riflessione andrebbe fatta anche in termini di eventuali green taxes sul fattore ‘inquinamento tecnologico’. 

4) Dal turismo digitale alla tourism intelligence: lo sviluppo di una piattaforma centralizzata per l’accesso alle informazioni e ai servizi per i turisti sarebbe fondamentale per costruire un ecosistema turistico intelligente, anche attraverso l’utilizzo di tecniche di analisi avanzate per estrarre valore da ogni interazione del turista con la destinazione. Piattaforma da integrare con quella cittadina delle smart city. Necessari a tal fine sono anche strumenti di segmentazione e profilazione del turista, anche attraverso sistemi di gestione (raccolta, archiviazione ed elaborazione) delle informazioni catturate da sensori wi-fi, dati mobili e media digitali. Comprendere e gestire tali flussi, contrastando la saturazione e facendo attenzione alla capacità di carico della destinazione potrebbe risolvere inoltre anche i fenomeni critici legati al cosiddetto overtourism.  

Aggregare e centralizzare i dati sulla provenienza, il motivo del viaggio, le informazioni socio-demografiche, la mobilità, le aree più visitate, la durata del soggiorno, ecc., può essere fondamentale al fine di identificare modelli, relazioni e tendenze che possono essere utilizzati per pianificare e ottimizzare i servizi che migliorano l’esperienza turistica e la qualità della vita dei cittadini locali. Fondamentale sarebbe, inoltre, anche una disciplina ad hoc per il ‘fenomeno recensioni’, trovando soluzioni che possano garantirne l’affidabilità e la veridicità.