(Adnkronos) – “Quando ripenso a quell’uomo che mi ha puntato una pistola minacciandomi e ai rischi che ho corso mi sento una sopravvissuta. Per un istante ho pensato di morire. La paura era fortissima, mi sentivo pietrificata ma decisa a continuare il mio lavoro, seppur tremando, perché i pazienti avevano bisogno di me. Era il 2017, impossibile dimenticare anche a distanza di anni”. Ricorda tutto di quella maledetta sera di fine febbraio Ombretta Silecchia quando fu aggredita e minacciata da un uomo armato durante il turno di guardia medica in un Centro di continuità assistenziale di Statte, in provincia di Taranto. E oggi, medico di medicina generale a Bari, “la mia città”, Silecchia torna a rivivere quell’esperienza con l’Adnkronos alla vigilia della Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari, che dal 2022 si celebra il 12 marzo.
La minaccia dopo il rifiuto dell’ennesima prescrizione di un farmaco analgesico di cui l’uomo abusava da anni, “un pregiudicato agli arresti domiciliari, assiduo frequentatore della guardia medica – racconta Silecchia – Nonostante la prescrizione gli fosse stata fatta la sera prima, per lui non era sufficiente. Al mio rifiuto protestò, poi tornò la sera dopo con la pistola”. Quella sera stessa, alla fine del turno di lavoro, la dottoressa denuncia l’accaduto ai carabinieri. “Grazie a quella denuncia l’uomo è tornato in carcere”, perché, oltre alle minacce alla dottoressa era anche evaso dagli arresti domiciliari.
“Io preso a calci da un mio assistito con il mal di denti, non riesco a dimenticare quella violenza. Era impaziente, non voleva aspettare il suo turno, e nonostante le mie rassicurazioni in un accesso d’ira, mi ha preso a calci, provocandomi la frattura ad una falange della mano destra, rivolta verso l’aggressore nel tentativo di schivare i colpi”. È il racconto di Giulio Minoretti, 60 anni, da 20 medico di medicina generale, aggredito nel suo ambulatorio a Bitonto (Bari) poco prima del Natale 2022. Tempestivo “l’intervento del personale dell’ambulatorio che ha chiamato le Forze dell’ordine – ricorda Minoretti – che giunte sul posto, lo hanno denunciato in stato di libertà alla Procura della Repubblica di Bari per aggressione a pubblico ufficiale, interruzione di pubblico servizio e lesioni gravi”.
“La sala d’aspetto era piena – ricorda il medico – fra prenotazioni e accettazioni di visite e la campagna vaccinale anti-Covid e anti-influenzale in corso. Eppure, lui pretendeva di essere visitato senza alcuna prenotazione e servito subito. Ho cercato di tranquillizzare l’uomo, agitato, e gli ho anche detto ‘va bene ti visito ma c’è da aspettare’. A quel punto ha cominciato ad insultarmi e quando ho detto che avrei chiamato il 112 ha iniziato a prendermi a calci, uno mi ha provocato la lussazione e frattura dell’anulare. Lo ammetto, per me è stato uno choc, un trauma che ho vissuto in silenzio per settimane. Poi della vicenda è stato informato il presidente dell’Ordine nazionale dei medici (Fnomceo) Filippo Anelli che mi ha invitato a parlarne pubblicamente”.
Sull’importanza della Giornata nazionale contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari, Minoretti non ha dubbi: “Bene accendere i riflettori su queste aggressioni – sottolinea – non dimentichiamo che i più colpiti sono i medici di base, oltre agli operatori del 118 e del pronto soccorso. Quell’episodio mi ha segnato. Tuttavia, continuo a fare il mio lavoro con la passione di sempre ma sicuramente c’è bisogno di maggiore sicurezza”.
“E’ importante raccontare le nostre storie, per me è un dovere – aggiunge Silecchia – per chi oggi sta vivendo la mia stessa esperienza e per chi, purtroppo, non ha più voce, come la collega Paola Labriola, la psichiatra barese uccisa da un paziente nel 2013” con dieci coltellate. “Nonostante la legge dedicata a Labriola e la Giornata nazionale contro le aggressioni a medici e operatori sanitari, ci sono condizioni di lavoro in cui non è cambiato nulla”. Da Nord a Sud “i colleghi coprono turni di guardia medica in totale solitudine, alla mercé di tutti, dove non ci sono presidi di pubblica sicurezza né video citofoni e dove manca anche un collegamento con le Forze dell’ordine. Tutti siamo a rischio, ma mentre il personale del 118 si muove in équipe, il medico di medicina generale in ambulatorio o durante il turno di guardia medica è solo. E ha paura” conclude. (di Francesca Filippi)